La più importante opera di Kaija Saariaho, diretta da Ernest Martinez Izquierdo, per la regia di Peter Sellars, propone una storia archetipica che parla ai nostri giorni. Per ricordare che il male non è genetico e il bene è il più grande atto di coraggio. Così il Teatro dell’Opera di Roma afferma la sua doppia vocazione, tra contemporaneità e tradizione
Di Rosalba Panzieri
“Voglio scrivere un’opera su una madre, perché nella storia dell’opera non c’è mai stato un lavoro teatrale su una madre scritto da una donna”. Così Kaija Saariaho confidava al regista Peter Sellars il desiderio profondo che ha dato vita ad “Adriana Mater”, opera potente e intima, in scena per la prima volta in Italia al Teatro dell’Opera di Roma dal 9 al 16 ottobre 2025. Kaija Saariaho,compositrice finlandese scomparsa nel 2023, è stata una delle artiste più autorevoli della musica contemporanea, insignita nel 2021 dalla Biennale Musica del Leone d’Oro. “Adriana Mater” è, per ampiezza e durata, la sua opera più imponente e la sua musica si erige come una cattedrale a partire da un’ispirazione tanto semplice quanto essenziale: due battiti cardiaci che pulsano dentro un solo corpo durante la maternità.

Due cuori che battono in un solo corpo
L’opera affronta il tema della maternità in un contesto bellico, dove Adriana, la protagonista, sceglie di portare avanti una gravidanza frutto dello stupro da parte di Tsargo, soldato dedito a violenze e alcol. Nonostante la sorella Refka cerchi di dissuaderla, Adriana decide di curare con un atto vitale, dare la vita, l’atto mortifero subito. Il figlio, Yonas, cresce, ignaro, con un’ombra nell’anima, fino al momento della verità deflagrante. Adriana, vive il conflitto tra amore e paura, tra il desiderio di proteggere e il timore che il male si trasmetta come un virus silenzioso, domandandosi se sia possibile ereditare la violenza.
Sarà l’incontro tra padre e figlio a sciogliere la questione. “La polifonia generata dal battito simultaneo di due cuori – scrisse la compositrice – è diventata la costante sul piano musicale. Questi diversi ritmi hanno costituito le matrici della composizione musicale, con cui ho connotato musicalmente i diversi personaggi e il loro tempo”. L’opera, in due atti, si dipana in sette quadri musicali, che spingono la narrazione in una tensione mozzafiato, che non da tregua né respiro. È un cadere senza fine, da un terrore all’altro, aggrappati alla zattera della speranza. Le contraddizioni interne dei personaggi, i diversi sentimenti che li attraversano, si traducono in un contrasto, che parla al presente.

La sfida della speranza oltre l’orrore
“Adriana Mater” è un’opera di che indaga più profondamente la natura umana di quanto sia consueto, chiede conto al passare del tempo, lasciando uno spazio di 18 anni tra primo e secondo atto. Pone, più di tutto, una domanda capitale: il sangue ha una sua legge cui obbedire o l’amore ricevuto è più forte? Adriana si chiede: “È un estraneo che mi abita? Nelle sue vene scorrono, mescolati, il sangue della vittima e del carnefice. Il mio bambino sarà Caino o sarà Abele?”. Oggi, tragicamente, questa domanda ci riguarda tutti. Immersi in scenari di guerra, assuefatti alla violenza, vittime di logiche e atti feroci, siamo chiamati a scegliere con coraggio di curare anziché distruggere. E la musica tessuta dalla compositrice, costruisce con straordinaria forza, usando un contrappunto costante, l’aspra battaglia interiore dei personaggi, che si scioglie solo nell’armonizzazione del finale.
Parole che raccontano abisso e speranza
Il libretto, in francese, è stato realizzato dal giornalista Amin Maalouf, storico collaboratore della Saariaho. La drammaturgia di Amin Maalouf scava nell’intimità femminile, nella scelta radicale di generare vita anche quando il corpo è stato violato. Se la compositrice è partita dalla polifonia del battito cardiaco, il drammaturgo ha tenuto come orizzonte la violenza della guerra. Maalouf ci consegna un libretto di rara forza drammatica, in cui l’acme dei sentimenti trova una forza verbale assonante con la tragedia greca.
Orchestra e Coro in scena per un’opera di resurrezione
Peter Sellars, regista visionario e amico fraterno della compositrice, firma un nuovo allestimento che richiama, a sua volta, la struttura della tragedia greca: quattro personaggi, una tensione morale che si consuma quasi nella parola e nello sguardo, riducendo all’essenziale il gesto. Ma l’effetto dirompente, anche per la vista, è costituito da Orchestra e Coro, diretto da Ciro Visco, in scena.
Sul podio, Ernest Martínez Izquierdo, collaboratore storico di Saariaho, guida un cast che ha già conquistato il Grammy Award per la registrazione dell’opera a San Francisco. Fleur Barron nel ruolo di Adriana, Axelle Fanyo per Refka, Nicholas Phan per Yonas, Christopher Purves per Tsargo, sono apparsi parimenti credibili e ottimi nell’esecuzione vocale.
Dal punto di vista tecnico, pur nell’ottima performance generale, la musica si connota come vera protagonista della messa in scena.
La salvezza al posto della vendetta
In un’epoca in cui la guerra torna a bussare alle porte dell’Europa, Adriana Mater ci interroga con urgenza: cosa significa essere madre in tempo di violenza? E soprattutto, si può educare alla pace chi è nato dalla guerra?
Quando Yonas non riuscirà a portare a termine il proposito di vendetta contro il padre carnefice e gli risparmierà la vita, Adriana dirà parole che dovrebbero essere un faro per ognuno di noi: “Quell’uomo meritava di morire, ma tu, figlio mio, non meritavi di uccidere. Noi non siamo vendicati, ma siamo salvi”.

