Credenti e non credenti, di destra, di sinistra ,di centro e disorientati, sono tutti accomunati da un solo recondito sentimento verso questo Papa: la speranza di trovarsi, finalmente, di fronte ad un leader vero, con la testa sul collo, col cervello che ragiona e non sputa sentenze, con il cuore che pompa il sangue dell’umanità, un bene ormai raro di cui si è persa traccia nel mondo dominato dall’odio, dalle divisioni, dal ripiegamento di ciascuno su se stesso nel recinto chiassoso e vacuo della propria tribù.
Oggi c’è una ricerca affannosa e inconfessata di una guida che sappia mettere dei punti fermi senza chiedere a ciascuno di rinunciare alla propria identità, un’identità peraltro sempre più fragile, volatile, esposta come un fuscello alle tempeste di un’epoca in cui sono stati distrutti quei valori, proclamati a gran voce e calpestati con cinica allegria distruttrice.
Il Papa oggi è questo: un simbolo cui guardare per ritrovare se stessi, senza doversi necessariamente convertire o fare professione di obbedienza verso la sua autorità suprema
E’ come se il mondo cercasse un’autorità dolce ma rassicurante, solida ma comprensiva, dispensatrice di sicurezze ma pronta a capire i dubbi e i tormenti: un padre che sia anche madre, fratello e sorella, amico e amica, un compagno di strada per non perdersi e non arrendersi al primo sasso che ostacola il cammino.
Tutto questo è insieme sacro e profano mescolati insieme, senza che il secondo oltraggi il primo e senza che il primo soffochi il secondo.
L’orgia di capi e capetti che si avvicendano come clown nel circo della politica, delle tivù, dei social ha ormai saturato ola capacità di sopportazione dell’uomo contemporaneo verso un esercito di influencer, abili calcolatori dei propri interessi e burattinai di individui sbandati.
L’essere umano del primo quarto del XXI secolo è stanco di votarsi al sedicente leader di turno che si proclama uomo-forte e che poi si dimostra forte solo della sua prepotenza, della capacità di ingannare, di abusare del consenso che raccoglie manipolando le menti.
C’è bisogno di autenticità. E tutti sperano di trovarla in colui che è stato scelto da un mix di uomini navigati e usi al potere ma ispirati dal componente più negletto e meno considerato della Trinità in cui si articola la complicata divinità cristiana. Una rivincita dello Spirito santo che può piacere anche a chi non ha dimestichezza con la Teologia e che ha percepito nell’elezione di Leone XIV qualcosa di superiore a ciò che gli uomini da soli possono riuscire a fare.
Leone XIV oggi è percepito così: un missionario della speranza che può aiutare gli uomini a sentirsi meglio e meritevoli della vita che gli è stata donata.