Paesi sicuri.Parola ai giudici non alla politica, fino a Giugno 2026

Paesi sicuri.Parola ai giudici non alla politica, fino a Giugno 2026

Finalmente una parola definitiva sulle confuse norme che riguardano i migranti, in  particolare quelle relative ai richiedenti asilo e protezione internazionale e alle procedure accelerate di frontiera per il rimpatrio.

La decisione è stata adottata dal massimo organismo giurisdizionale  europeo ,la Corte di Giustizia che ha sede in Lussemburgo e che già il 4 Ottobre scorso aveva definito la sua linea ora precisata e resa vincolante per tutte le Corti di tutti i 27 Paesi membri .Essa si è pronunciata su questioni pregiudiziali sollevate da magistrati italiani accusati dal Governo Meloni di voler contrastare indebitamente le decisioni che spettano alla politica. Meloni ha una sua interpretazione  delle norme su questa materia, in linea con la filosofia che è alla  base dell’accordo con il Governo di Tirana per  il centro di Gjadër dove possono essere trattenuti per massimo un mese migranti richiedenti asilo che provengono da Paesi ritenuti sicuri. Ma quando si può definire sicuro un Paese di provenienza?

Non esiste-ed è una grave lacuna-una lista condivisa da tutti i 27 membri dell’Unione. Per cui, ogni governo si regola come crede. Quello italiano ritiene che un Paese possa essere definito sicuro anche se non lo è in tutte le aree su cui esercita la sua sovranità e per tutte le fasce di popolazione. E in base a questa interpretazione ha adottato, per legge non più con decreto legislativo, una lista di Paesi sicuri che alcuni magistrati hanno messo in discussione.

La Corte di Giustizia ha ricordato che la legge nazionale non può essere in contrasto con quella comunitaria che è di livello superiore e la normativa europea in vigore, fissata dalla Direttiva 32/2013 stabilisce che ” un Paese è considerato Paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono  generalmente e uniformemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Quindi la Direttiva ancora in vigore richiede che i criteri di sicurezza debbano essere rispettati su tutto il territorio del Paese e per tutte le fasce di popolazione.

 Poichè sono in ballo diritti fondamentali, che tra l’altro in Italia sono fissati anche nella Costituzione, l’ultima parola sulla definizione di Paese sicuro spetta non alla politica ma  ai giudici che possono esercitare un controllo giurisdizionale per verificare se nella designazione di Paese sicuro lo Stato membro dell’Ue abbia  rispettato i criteri fissati dalle norme comunitarie. 

Per poter esercitare questo controllo i giudici devono poter accedere alle fonti di informazione in base alle quali lo Stato  ha definito sicuro il Paese terzo. E i giudici devono tener conto “di altre informazioni da loro eventualmente raccolte, siano esse provenienti da fonti pubbliche o da fonti di cui ha chiesto la produzione a una delle parti della controversia dinanzi ad esso pendente, a condizione che, da un lato ,si sia accertato dell’affidabilità di tali informazioni e che, dall’altro, conformemente al principio del contraddittorio, tali parti abbiano la possibilità di presentare le loro osservazioni in ordine a tali informazioni”.

Solo a partire dal 12 Giugno del 2026, quando entrerà in vigore il nuovo Regolamento sulla procedura d’asilo-approvato già nel 2023, le cose potrebbero cambiare, come avevamo scritto su Shqipëri il 24 dicembre del 2024.

Il Regolamento 2024/1348 all’articolo 61,comma 2, prevede che: “La designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro a livello sia dell’Unione che nazionale può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili”. Inoltre il Regolamento prevede la procedura accelerata di esame (e respingimento) se proviene da un Paese d’origine sicuro o da un Paese con una percentuale di accoglimento delle richieste di protezione internazionale inferiore al 20%.

La soluzione migliore, secondo noi, sarebbe quella di anticipare l’entrata in vigore del regolamento  e di stilare una lista europea di Paesi sicuri, validata dalla Corte di Giustizia  e acquisito il parere non vincolante della Corte europea dei Diritti dell’Uomo.

Artikuj të ngjashëm

Lini një Përgjigje