Gabriele Lavia rikthehet “Mbreti Lir” pas pesëdhjetë vitesh. Debutim i jashtëzakonshëm në Teatro Argentina në Romë

Gabriele Lavia torna “Re Lear” dopo cinquant’anni. Straordinario debutto  al Teatro Argentina di Roma

Rosalba Panzieri

“Il destino mi ha riportato a Re Lear, anche se avevo deciso di non farlo. Evidentemente Giorgio Strehler ha sentito e mi ha teso questa trappola. “ Con queste parole Gabriele Lavia, tra i più grandi maestri del teatro, ha commentato Il suo debutto al Teatro Argentina, nel mese di dicembre, con Re Lear, tra i più celebri e complessi drammi di Shakespeare, scritto oltre quattro secoli fa, ma capace di dolente contemporaneità. Gabriele Lavia, che cura la regia dello spettacolo, incarna il vecchio Re Lear, che decide di donare il proprio regno alle tre figlie, domandando come controparte le più lusinghiere esternazioni di affetto. Mentre le due maggiori si impegnano in frasi leziose verso il padre, la più piccola delle figlie, Cordelia, si rifiuta di partecipare a tali artifici verbali e dice al padre che lo ama quanto le è in dovere come figlia. Ferito nell’ego il Re la disereda, ancora ignaro che sarà Cordelia l’unica figlia ad amarlo davvero. Dovrà perdere il potere, e con esso l’identità, per comprendere la vera natura delle figlie maggiori, che, dopo averlo privato delle ultime proprietà, lo lasceranno in balia di una tempesta. Questa, come sottolinea Lavia, “è una tempesta del non-essere, che lo travolge e che Lear attraverserà fino alla fine, fino all’ultimo dolore, quando l’uomo Lear, portando in braccio la figlia Cordelia morta, urlando, domanderà agli spettatori: “Siete uomini o pietre? Avessi io le vostre gole e i vostri occhi, urlerei e piangerei fino a mandare in frantumi la volta del cielo. “

Certamente Gabriele Lavia ha realizzato uno spettacolo esemplare, riuscendo a dosare la solidità del mestiere con la realtà contemporanea a cui lo spettacolo è destinato. Sono passati infatti cinquant’anni da quando Lavia debuttò in Re Lear, diretto da Giorgio Strehler nel1972, e il teatro è la realtà attuali sono cambiati, come il maestro sottolinea: “Re Lear ad un certo punto non vuole più essere Re e cede il suo essere perché altri ne dispongano, ma una volta che lui si prima dell’essere è finito. Non c’è affetto e non c’è forza. Paradossalmente qui incontra la verità della precarietà umana, dell’uomo che è niente. Si apre così il grande monologo: “voi uomini infelice, derelitti, ultimi, dovunque voi siate, da qualunque luogo voi arriviate… i vostri vestiti tutti buchi e stracci come potranno difenderci da una stagione come questa? “. Questa visione non può non rimandare alla realtà contemporanea, alla moltitudine di poveri, di migranti, e a tutti noi che siamo sferzati dalle tempeste dell’esistenza. Per questo anche a scelta della scena è caduta sulla rappresentazione di un vecchio teatro abbandonato, con vecchi bauli da cui gli attori tirano fuori i costumi di scena per iniziare la narrazione e ridare vita ad un teatro che agonizza. Anche qui Lavia ha voluto compiere un’azione rituale, togliere la polvere dalla storia e mostrarcene la forza, per ricordarci che il teatro non può morire. Perché ha a che fare con la nostra identità, col nostro essere come ricorda ancora Lavia: “Il teatro è un ideale, il luogo dello sguardo dove la svelatezza del velato resta mistero. Vuol dire che il teatro svela ciò che rimane, pur sempre, velato. Il teatro non può morire perché ha bisogno degli attori e degli spettatori. Potranno renderlo più complicato da fare. Ma tutto dipende dagli uomini e bisogna sempre darsi da fare. Donarsi a qualcosa da fare. “

La tragedia del potere, il conflitto tra padri e figli, il tradimento degli affetti, le miserie dell’esistenza umana, tutto parla di oggi, e di domani. Tutto il cast ha dato grande prova di sé, certamente anche grazie alla regia, tanto da rendere difficile rintracciare una preferenza (ad eccezion fatta di Andrea Nicolini, che interpreta il matto), è costituito dagli attori (in o.a.) Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Jacopo Carta, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Jacopo Venturiero, Lorenzo Volpe.

Scene di Alessandro Camera, costumi Andrea Viotti, luci Giuseppe Filipponio, musiche Antonio Di Pofi, suono Riccardo Benassi, assistente alla regia Matteo Tarasco, Enrico Torzillo, assistente alle scene Michela Mantegazza, assistente ai costumi Giulia Rovetto, suggeritore Nicolò Ayroldi, foto di scena Tommaso Le Pera. Una produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Effimera srl, LAC Lugano Arte e Cultura.

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