Il bilancio dei primi tre mesi dell’amministrazione Trump è devastante.
Guerra in Ucraina
Aveva promesso la fine del conflitto in 24 ore. Per ottenere questo risultato ha dato credito a Putin, ha umiliato Zelensky. Kyiv ha accettato la proposta Usa per il cessate il fuoco, invece Mosca l’ha respinta. Putin se infischia delle richieste di Trump e punta a logorare l’Ucraina. La guerra continua, con bombardamenti russi sempre più forti soprattutto su obiettivi civili ucraini.
Risultato? Un vantaggio per la Russia e un indebolimento sul terreno di Kyiv. Altro che pace.
Guerra a Gaza
Trump Aveva promesso una tregua e sognato perfino la deportazione di 2 milioni di palestinesi non si sa dove per trasformare la Striscia in una riviera per miliardari. Israele ha avuto mano libera e sta compiendo i peggiori eccidi da due anni in qua, bombardando perfino le ambulanze cella Croce Rossa. I paesi arabi moderati sono sempre più in difficoltà con le loro piazze che non accettano il comportamento disumano contro la popolazione civile di Gaza.
Risultato? Una licenza di uccidere per Netanyahu che si sente rafforzato e dà spazio alle richieste dell’estrema destra che vuole il genocidio dei palestinesi.
Rapporti con gli alleati e l’Europa
Trump non perde occasione, insieme al suo vice Vance , per offendere i Paesi amici e per mettere a rischio 80 anni di quella collaborazione che è stata il pilastro della pace mondiale. La stessa Nato è messa in discussione nei fatti, perchè Trump gioca con le richieste di aumento delle spese militari come se fosse ad un tavolo di poker: prima il 2%,poi il 3,5% ora il 5%.E minaccia di inglobare il Canada, occupare la Groenlandia e abbandonare la sponda orientale dell’Atlantico al suo destino.
Risultato? La Cina si avvantaggia di questa perdita di affidabilità e prestigio dell’America e tende la mano a tutti i Paesi che si sentono “traditi” da Trump.
Politica economica e dazi
Trump sta distruggendo l’equilibrio economico mondiale che l’America aveva cucito su misura per i suoi interessi dal 1947 in poi e che ha creato prosperità anche per molti Paesi. Le storiche decisioni iper-protezionistiche che portano indietro gli Usa di 100 anni sono basate su bugie madornali. Per giustificare i dazi mostruosi che ha imposto a tutto il mondo, incluse isole popolate solo da pinguini, ma facendo eccezione per Mosca, Trump ha usato un trucchetto che trasforma in dazi quello che dazi non sono. Tutti gli economisti, di qualsiasi parte politica, hanno smascherato questa colossale bufala. Ma lui non se ne fa un problema.
Come reagire a questa tempesta sui dazi è molto difficile. Soprattutto per la imprevedibilità di Trump, che cambia idea ogni secondo e non dopo aver consultato esperti ma solo fidandosi del suo istinto narcisista. Immaginiamo aziende che piegano la testa e decidono di trasferire le loro attività negli Usa, Ci vogliono un paio di anni, in media, per costruire nuove fabbriche. Intanto Trump potrebbe aver cambiato idea o perso le elezioni di medio termine fra 18 mesi o essere stato costretto a lasciare la Casa Bianca.
Risultato? Wall Street ha bruciato oltre 10 mila miliardi. da quando è al potere Trump Le borse europee e asiatiche hanno subito uno shock come durante l’11 settembre del 2001. La recessione mondiale è inevitabile. E la Cina rafforza la sua posizione come perno di un nuovo ordine economico mondiale non più basato sull’America.
Che fare?
Il mondo è di fronte ad un dilemma: stare a guardare e considerare le follie di Trump un fuoco fatuo che dura qualche settimana e poi si torna a ragionare, oppure reagire con forza per dimostrare che non ci facciamo intimidire da comportamenti indegni di un Paese amico e responsabile?
La soluzione migliore?
L’Europa deve fare 5 cose:
– applicare, unitariamente, subito contro-dazi solo su alcuni beni, per non sconvolgere la totalità delle relazioni commerciali con gli Usa;
-creare almeno 400milioni di debito comune per sostenere le imprese colpite dalla politica americana
-allentare i vincoli del patto di stabilità per consentire ai singoli Stati membri di fornire sostegni diretti a settori in forte difficoltà
– alzare la pressione fiscale sui servizi forniti da alcune aziende americane che in Europa si arricchiscono eludendo le tasse
-predisporre nel giro di un paio di mesi un piano strategico industriale e commerciale europeo per cercare nuovi mercati, alleggerendo il peso dell’export verso gli Usa ma evitando di cedere al canto delle sirene cinesi, pronte ad ammaliare le nostre industrie.
Insomma è l’ora dell’Europa chiamata non solo a pensare alla difesa comune ma anche alla politica industriale e commerciale comune.
*La vignetta di Alex Di Gregorio viene pubblicata per gentile concessione del quotidiano La Discussione