IL NUOVO MEDIO ORIENTE E LE CONTRADDIZIONI DI ISRAELE

IL NUOVO MEDIO ORIENTE E LE CONTRADDIZIONI DI ISRAELE

L’attacco di Israele  all’Iràn era inevitabile. Le autorità di Teheran avevano mentito all’AIEA  e avevano accelerato l’arricchimento dell’uranio ben al di là del livello necessario per un uso civile e non bellico. In pratica  l’Iran era ad un passo dal poter costruire 10 bombe atomiche. Per farne che cosa? 

Il regime degli ayatollah non ha mai perso occasione per ribadire che il suo obiettivo è distruggere lo Stato di Israele. Un disegno di legge obbliga qualsiasi governo di Teheran a dar corso entro il 2041 all’eliminazione dello stato ebraico. Il governo di Tel Aviv non poteva più aspettare e ora non può più fermarsi. 

La superiorità di Israele rispetto all’Iran è fuori discussione in ogni campo: tecnologico, di addestramento, di intelligence e di motivazione Teheran può contare solo su una superiorità numerica dell’esercito perchè  la sua  popolazione  è quasi 10 volte quella israeliana. 

Quindi l’esito di questa guerra preventiva voluta da Netanyahu è abbastanza scontato. Anche perchè in soccorso di Teheran difficilmente si muoverà qualche altro Stato dell’area. Il regime iraniano ha molti tentacoli in Libano, nello Yemen a Gaza ma  è isolato nello scacchiere mediorientale. Cina e Russia , al di là delle frasi di rito, stanno alla finestra. La Cina, in particolare non gradirebbe il blocco dello stretto di Hormuz da cui transita gran parte del petrolio che serve all’economia del Dragone.

Israele ha fatto leva sul malcontento diffuso nella società e nell’establishment iraniano e ha potuto così infiltrare l’efficientissimo Mossad in gangli vitali del potere di Teheran. Non si spiega altrimenti la precisione  chirurgica con cui sono state colpite personalità militari,  politiche e anche scienziati coinvolti nel progetto nucleare. La possibilità che il regime teocratico sanguinario che dal 1979 opprime il popolo iraniano possa essere spazzato via sembra meno remota che in passato. Difficilmente al suo posto potrebbe insediarsi un regime peggiore.

Israele, dunque, sta combattendo una battaglia non solo per impedire la sua distruzione ma anche per aiutare gli iraniani a liberarsi di questi inefficienti, corrotti e feroci teocrati. Un cambio di regime in Iràn potrebbe eliminare un pericoloso bubbone da un’area che solo qualche mese fa si  è liberata da un ‘altra genia di dittatori, quella della  famiglia Assad, sostenuta da Putin.

Se questo avvenisse, l’intero Medo Oriente potrebbe cominciare a scrivere una nuova pagina di storia all’insegna della stabilizzazione e della convivenza pacifica dopo  una scia di guerre sanguonose che dura da quasi 80 anni 

Senza gli ayatollah finirebbe la presenza di Hezbollah in Libano e si aprirebbe un nuovo capitolo di tranquillità  anche per il Paese dei cedri dilaniato da conflitti manovrati dall’esterno. La fine del regime iraniano toglierebbe ossigeno allo stato terrorista degli Houti che hanno sconvolto lo Yemen e “disturbato” l’Arabia Saudita.

E anche Hamas,in quel che resta di Gaza, perderebbe una sponda significativa. 

In pratica, la fine  del regime degli ayatollah, dopo quella di Assad potrebbe porre le condizioni per consentire all’Arabia Saudita, al Qatar e agli Emirati di esercitare un ruolo di stabilizzazione nel Medio Oriente, senza più l’incubo della prepotenza iraniana. C’è però un “ma” grande quanto un macigno. E riguarda proprio Israele e la questione palestinese.

Netanyahu ha condotto in modo spregiudicato e totalmente sbagliato la campagna per l’eliminazione di Hamas provocando  un esorbitante numero di vittime civili, e mostrando un disprezzo totale per l’intero popolo palestinese e il suo futuro.

E qui emerge la grande contraddizione di Israele.

Da un lato, combatte coraggiosamente da solo contro l’Iran una guerra che tutti i Paesi arabi non possono che apprezzare. Ma, nello stesso tempo, Israele mette in grossa difficoltà proprio quei Paesi arabi le cui opinioni pubbliche-sebbene controllate- non possono accettare il massacro dei palestinesi, la negazione di qualsiasi futuro per quel popolo che Netanyahu e la destra estremista stanno perseguitando in modo cinico e disumano.

Occorrerebbe una forte leadership Occidentale, americana ed europea, per far cambiare idea a Netanyahu e convincerlo a interrompere la carneficina a Gaza e aprire alla soluzione “due Stati due popoli”, l’unica possibile.

Ma Trump queste cose non le capisce: gli interessa solo trasformare Gaza in una Riviera. L’Europa, insieme al Regno Unito, neanche stavolta riescono ad agire come attore efficace e motore di una svolta diplomatica che faccia un asse con le monarchie del Golfo e costringa Israele a cambiare idea. 

Nel frattempo Netanyahu  coltiva il suo calcolo più perverso: utilizzare il probabile successo nella guerra contro l’Iran per avere mano libera a Gaza e negare definitivamente un futuro al popolo palestinese.

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