Intergovernativo Italia-Albania: non solo migranti. Finalmente una strategia comune di sviluppo

Intergovernativo Italia-Albania: non solo migranti. Finalmente una strategia comune di sviluppo

Il vertice intergovernativo tra Roma e Tirana con la firma di 16 accordi di cooperazione  e l’annuncio di un business forum nel 2026  è  giunto in ritardo di almeno 20 anni. E non per colpa dell’Albania , che dal 1991 aveva spalancato le sue porte in attesa che l’Italia, dopo le vergogne del fascismo e della guerra, stringesse la mano ad un popolo martoriato da 47 anni di dittatura , desideroso di libertà e sviluppo.

Bisogna riconoscere a Edi Rama e Giorgio  Meloni il merito di aver chiuso una pagina di storia poco entusiasmante nei rapporti tra i due Paesi  e di averne aperta una  nuova che può, finalmente, preludere ad una cooperazione strutturata e non occasionale come quella che c’è stata finora.

E’ vero che in Albania operano circa 3000 aziende italiane, è vero che Roma è il primo partner commerciale di Tirana. E’ vero che da tempo esiste una collaborazione tra le nostre forze di polizia e quelle albanesi. Ma tutto questo non basta.

I governi italiani non hanno finora elaborato una visione organica delle relazioni con   un Paese vicino non solo geograficamente  ma anche e soprattutto culturalmente ed economicamente.

L’Italia ha sprecato un patrimonio enorme che era quello linguistico. In Albania quasi tutti avevano imparato l’italiano durante la dittatura e molti lo  avevano appreso o perfezionato durante gli anni trascorsi  da migliaia di famiglie in Italia. Oggi in Albania le nuove generazioni non parlano la nostra lingua, forse capiscono qualche parola per averla sentita in passato da nonni e genitori. Avere a due passi dalle nostre coste un popolo che parla la nostra lingua e non valorizzare questo patrimonio è stato uno spreco e anche un’offesa agli albanesi che avevano imparato la nostra lingua di nascosto rischiando di finire in galera e poi hanno visto svanire quasi del tutto l’utilità di questo apprendimento.

Il rilancio della cultura italiana è ripartito negli ultimi anni con l’intensa attività dell’Istituto italiano di cultura guidato con saggezza e impegno da Alessandro Ruggera. E anche questo è un segnale di svolta.

Sul piano economico non c’è stata una politica industriale italiana coordinata, le aziende  sono approdate sull’altra sponda dell’Adriatico senza una visione strategica comune .

Eppure l’Albania , per   vicinanza geografica, vantaggi fiscali, basso costo della vita  e della manodopera, notevoli risorse agricole e naturali soprattutto nel campo idrico ed energetico sarebbe stato il luogo ideale per gli investimenti di tanti settori industriali. Non è mai troppo tardi, anche se nel frattempo altri Paesi hanno investito in Albania occupando spazi che l’Italia si è lasciata sfuggire.

Ma ora si cambia. Finalmente. E si va oltre le polemiche  sui centri per i migranti di Shengjin e Giadër, centri che sono stati costruiti con due anni di anticipo sull’entrata in vigore delle norme europee che da giugno prossimo ne consentiranno il corretto funzionamento, come abbiamo scritto più volte su Albanitaly

L’Albania è sempre stata europea e  occidentale lo sarà ufficialmente nei prossimi 5 anni anche con il sostegno forte  dell’Italia. Ora bisogna rimboccarsi le maniche .L’Italia deve fare di tutto per essere il punto di riferimento numero 1 dell’Albania  e fare di tutto perchè  Tirana divenga il punto di riferimento più autorevole dei Balcani occidentali.

Se lo meritano tutti i cittadini albanesi che hanno resistito con immani sofferenze alla dittatura comunista e che hanno guardato con fiducia all’Italia come una grande sorella libera, democratica e fautore di benessere sociale

Articoli correlati

Lascia un commento